La nuova casa - Racconto
“Luca pensa che io sia folle”
La sua frase mi colpì all’ improvviso, strappandomi dai miei pensieri.
Le chiesi il perché, pur non essendo sicuro che la risposta mi interessasse davvero.
“Perché pensa che la casa sia troppo grande e troppo vecchia per essere abitabile, che ci saranno troppi lavori da fare e che non ne valga la pena”
Ok, adesso ero curioso. Cosa avrebbe fatto? Si sarebbe lasciata influenzare dalla sua opinione oppure sarebbe andata avanti lo stesso?
“Quindi cosa pensi di fare?” fu la mia risposta, stavolta completamente attento.
“Ma è ovvio, andrò avanti comunque. Non mi serve la sua approvazione”
La sua risposta mi spiazzò e rimasi lì a fissarla, con la bocca spalancata come un pesce.
Da quando l’avevo conosciuta, le idee di Luca sembravano legge per lei, come se il suo gemello fosse l’unico essere senziente al mondo. Ma non stavolta. Che cosa le piacesse tanto di quella vecchia bicocca non riuscivo a capirlo neanch’io, ma per andare contro persino a suo fratello, doveva essere davvero potente.
Mantenne la sua parola ed ottenne la casa, seppure le costò il risentimento di Luca, stupito ed offeso di non essere stato ascoltato.
Ci lavorò per mesi, non permettendo a nessuno di avvicinarsi, finché finalmente non fu pronta e poté dare la festa in giardino che aveva sempre sognato.
Ci invitò tutti, compreso Luca che, nonostante non le avesse più rivolto la parola dal giorno dell’ atto, non osò rifiutare, divorato com’era dalla curiosità.
Quando arrivammo in fondo al vialetto restammo a bocca aperta, era davvero quel rudere di cui ci aveva mostrato le foto?
Lasciammo le macchine lì sul piazzale e ci avviammo sul retro della casa, impazienti di scoprire cos’altro ci aspettava.
Senza le erbacce che lo ricoprivano, il giardino era incantevole, oscurato solo dal suo sorriso, che si allargava sempre di più ad ogni faccia allibita che entrava nel suo campo visivo.
Dannazione, non si poteva resistere a quel sorriso.
La grigliata fu molto piacevole e persino Luca dovette ammettere che aveva avuto ragione lei a voler andare fino in fondo.
A fine pasto pensavamo avremmo finalmente visto l’interno, invece lei aveva in mente altro per noi.
Tirò fuori una vecchia scatoletta, tutta sporca ed arrugginita dagli anni, spiegandoci di come l’avesse trovata murata in una finestra che era stata sigillata dai vecchi proprietari e di come avesse voluto attendere la nostra presenza per aprirla. Fece saltare il lucchetto, consunto come il resto del contenitore, con 2 colpi di martello ben assestati e finalmente sollevò il coperchio, con noi assiepati tutti intorno a lei.
Barcollai, come fossi stato colpito da un maglio, ma nessuno se ne accorse, concentrati com’erano sul vecchio trenino che si srotolava fuori dalla latta man mano che lei lo sollevava un po’ delusa.
Poi vide la lettera e la aprì cautamente, mentre davanti ai miei occhi scorrevano come diapositive delle immagini sfocate, come di scene già vissute ma che non sembravano appartenermi, finché la sua voce cristallina mi risuonò nella mente e sembrò leggermi i pensieri che non riuscivo a mettere a fuoco. Capii che stava leggendo a voce alta quella vecchia lettera, pur senza riuscire realmente a vederla, in quanto davanti agli occhi vedevo un foglio bianco ed una mano tremante che impugnava una pallida penna d’oca.
Familiare ed estranea allo stesso tempo, la mano si muoveva esitante sul foglio seguendo il filo delle sue parole, come un alunno ascolta solerte il suo insegnante, anticipandolo persino.
Lessi ancor prima di sentire di quell’ amore struggente, di quella coppia separata dalle pressioni della famiglia decisi ad ottenere quel rango che solo un matrimonio di convenienza avrebbe assicurato.
Lessi, o scrissi non lo saprei dire, del rimpianto che consumò tutti gli anni a venire ed infine mi unii alla voce che leggeva le ultime righe:
“Solo ora che la fine si avvicina riesco ad ammettere di essere stato un codardo, ché la paura di fare infuriare i miei genitori vinse il desiderio di vivere la mia, anzi la nostra felicità; ma non importa quante vite dovrò attraversare, so che riuscirò a ritrovarti, sicché io e te siamo un’anima in due corpi”
Sì girò a guardarmi e gli altri insieme a lei, ma mentre tutti gli altri mi fissavano stupiti, solo lei ed il suo dannato sorriso mi osservavano sornioni.
“Adesso hai capito. Ora sai perché stavolta non avrei rinunciato per nulla al mondo.”
Dannazione, non si poteva resistere a quel sorriso.